Il “Martirio di San Lorenzo”
Presso il Museo Francescano di Roma. Un capolavoro sconosciuto di Ludovico Gimignani
In una visita effettuata al Museo Francescano presso l’Istituto Storico dei Cappuccini, annesso al Collegio San Lorenzo da Brindisi a Roma, sono rimasto vivamente impressionato da una grande e magnifica tela stranamente collocata in una posizione risicata e marginale, all’imbocco di un grande scalone adiacente il museo.
Il dipinto, di qualità molto alta, raffigura il Martirio di san Lorenzo (olio su tela, cm. 295 x 265), riconoscibile dalla dalmatica di diacono e dalla graticola simbolo del suo martirio, avvenuto secondo tradizione nel 257 d.C. sotto l’imperatore Valeriano (fig. 1).
La paternità dell’opera era stata riferita da Anna Maria Pedrocchi, all’epoca in cui era funzionaria della Soprintendenza di Roma, al pittore francese Guillaume Courtois detto “il Borgognone”, italianizzatosi motu proprio Guglielmo Cortese. Un’attribuzione non priva di logica, certamente in ragione dei suoi caratteri spiccatamente barocchi e berniniani.
Infatti la composizione, particolarmente movimentata e concitata nella drammatica scena descritta, in una serrata costruzione prospettica scansionata su vari piani di profondità ad impatto teatralizzato, fortemente caratterizzata nel modo di panneggiare fluido e nel descrivere le anatomie secondo un rigoroso impianto disegnativo, rimanda a quel linguaggio.
Si tratta in effetti di un’opera partecipe della koinè espressiva del tardo Barocco romano, che sublimò in un sentire comune il coacervo di culture formative coesistenti nella capitale pontificia nel secolo XVII, originate dalle differenti aree geografiche da cui provenivano gli artisti. Un cifrario formale codificato dalle grandi personalità operose a Roma, nelle cui botteghe transitarono come apprendisti o in qualità di collaboratori molti di questi forestieri.
Ci sono, come retro-pensiero di cultura figurativa, Lanfranco e Poussin, Sacchi e Cortona, Charles Mellin e Camassei, ma soprattutto una comunanza d’intenti con Baciccio e appunto il Borgognone, sotto l’egida catalizzante del Bernini. Basti osservare la statuaria delle singole figure e lo stile concitato che ne caratterizza i moti, nella concatenazione espressiva unificante e catartica segnata dal gesto di san Lorenzo con le braccia al cielo e gli angioletti che irrompono sulla scena tra le nubi.
Il codice stilistico è quello di Ludovico Gimignani nella sua fase più felice, attorno al 1670-75, prima che una tendenza astrattiva lo porti ad un raffreddamento espressivo e ad una cristallizzazione formale, peraltro comune ad altri suoi contemporanei, evidente nella produzione tarda.[1]
Ludovico Gimignani (Roma 1643 – Zagarolo 1697), assieme a Guglielmo Cortese e Giovan Battista Gaulli “il Baciccio”, è stato un vivace interprete e divulgatore dell’estetica berniniana, approdando ad una cifra stilistica individuale, che rimarrà costante in tutta la sua produzione senza soluzione di continuità, seppur in una progressiva perdita di vigore.
Dopo il tirocinio presso il padre, il pittore classicista Giacinto Gimignani, il giovane artista completò la sua formazione nella bottega di Giovan Lorenzo Bernini – la cui moglie Caterina Tezio fu sua madrina di battesimo -, come ricordava Lione Pascoli:
“Passato poi colla direzion del Bernini, a cui s’appoggiò a lavorar d’invenzione”.[2]
Fu collaboratore del maestro in alcune imprese artistiche, come la cappella Fonseca in San Lorenzo in Lucina a Roma (1663 ca.), ove eseguì una copia dell’Annunciazione di Guido Reni, o la chiesa collegiata dell’Assunta di Ariccia (1664-65), ove dipinse sotto la guida del maestro il Riposo in Egitto, opera che denuncia a poco oltre i vent’anni d’età il suo precoce talento (fig. 2).
Su indicazione del Bernini ed impulso del cardinale Giulio Rospigliosi, poi pontefice con il nome di Clemente IX, suo protettore e mecenate, si recò per un viaggio formativo a Parma e a Venezia assieme al Borgognone e a Giovanni Bonati, non nel 1668 come si crede, ma nel 1665 come ha chiarito Laura Russo (1990).[3]
Anche in ragione della comune origine familiare pistoiese fu particolarmente protetto dai Rospigliosi, tra i suoi massimi mecenati nell’ambito della committenza privata. Entrato nel 1673 nell’Accademia di San Luca, ne divenne Principe dal 1687 al 1689, a dimostrazione del notevole prestigio raggiunto nell’ambiente romano.
Si distinse come artista a tutto campo: ottimo disegnatore, fu esecutore di numerose pale d’altare e affreschi, dipinti da quadreria di soggetto sacro e profano, cimentandosi anche nel settore delle arti decorative, dipingendo spinette, disegnano scenografie, carrozze, “piatti di san Giovanni”, parati liturgici e arredi, sulla scia del suo maestro Bernini.
Una conferma dell’attribuzione qui proposta viene dal confronto con alcuni disegni dell’Istituito Centrale per la Grafica – una delle tante istituzioni statali che cambia continuamente nome: da Gabinetto Fotografico Nazionale, a Istituto Nazionale per la Grafica, etc. -, Fondo Corsini, chiaramente preparatori per singole figure. Come Baciccio, partendo dall’insegnamento berniniano, Gimignani studia uno ad uno i nudi anatomici, per poi ricoprirli di panni dopo averne comprese le gestualità e le torsioni muscolari.[4]
Ecco la sequenza: il foglio inv. FC 129315 studia il carnefice in basso a destra (fig. 3. Fischer Pace, 1979, n. 650); il foglio inv. FC 129412 il carnefice a sinistra (fig. 4. Fischer Pace, 1979, n. 695r);Fu collaboratore del maestro in alcune imprese artistiche, come la cappella Fonseca in San Lorenzo in Lucina a Roma (1663 ca.), ove eseguì una copia dell’Annunciazione di Guido Reni, o la chiesa collegiata dell’Assunta di Ariccia (1664-65), ove dipinse sotto la guida del maestro il Riposo in Egitto, opera che denuncia a poco oltre i vent’anni d’età il suo precoce talento (fig. 2).
Su indicazione del Bernini ed impulso del cardinale Giulio Rospigliosi, poi pontefice con il nome di Clemente IX, suo protettore e mecenate, si recò per un viaggio formativo a Parma e a Venezia assieme al Borgognone e a Giovanni Bonati, non nel 1668 come si crede, ma nel 1665 come ha chiarito Laura Russo (1990).[3]
Anche in ragione della comune origine familiare pistoiese fu particolarmente protetto dai Rospigliosi, tra i suoi massimi mecenati nell’ambito della committenza privata. Entrato nel 1673 nell’Accademia di San Luca, ne divenne Principe dal 1687 al 1689, a dimostrazione del notevole prestigio raggiunto nell’ambiente romano.
Si distinse come artista a tutto campo: ottimo disegnatore, fu esecutore di numerose pale d’altare e affreschi, dipinti da quadreria di soggetto sacro e profano, cimentandosi anche nel settore delle arti decorative, dipingendo spinette, disegnano scenografie, carrozze, “piatti di san Giovanni”, parati liturgici e arredi, sulla scia del suo maestro Bernini.
Una conferma dell’attribuzione qui proposta viene dal confronto con alcuni disegni dell’Istituito Centrale per la Grafica – una delle tante istituzioni statali che cambia continuamente nome: da Gabinetto Fotografico Nazionale, a Istituto Nazionale per la Grafica, etc. -, Fondo Corsini, chiaramente preparatori per singole figure. Come Baciccio, partendo dall’insegnamento berniniano, Gimignani studia uno ad uno i nudi anatomici, per poi ricoprirli di panni dopo averne comprese le gestualità e le torsioni muscolari.[4]
Ecco la sequenza: il foglio inv. FC 129315 studia il carnefice in basso a destra (fig. 3. Fischer Pace, 1979, n. 650); il foglio inv. FC 129412 il carnefice a sinistra (fig. 4. Fischer Pace, 1979, n. 695r);
il verso del foglio inv. FC 129426 il carnefice al centro (fig. 5. Fischer Pace, 1979, n. 698v).
Il nudo nel foglio inv. FC 129431 interessa invece il martire legato al palo sulla sinistra, forse sant’Ippolito il cui culto e la cui vicenda biografia è legata a quella del diacono Lorenzo che lo battezzò (fig. 6. Fischer Pace, 1979, n. 701).
Rimane da individuare la provenienza originaria del telero, probabilmente una pala d’altare o comunque un dipinto chiesastico di formato tendete al quadrato, pervenuto presso l’attuale sede dal vecchio Collegio di San Lorenzo da Brindisi nel quartiere Ludovisi, via Sicilia, lasciato dai Padri Cappuccini nel 1968 per il trasferimento presso l’odierna sede vicina al Raccordo Anulare.
Sappiamo che Gimignani si era cimentato in dipinti ispirati alle storie del santo, con due lunette raffiguranti San Lorenzo battezza in carcere sant’Ippolito e San Lorenzo distribuisce ai poveri i beni della Chiesa, eseguite per la cappella di San Lorenzo nella Cattedrale di Tivoli, entrambe dedicate al martire spagnolo patrono della città (figg. 7, 8).[5]
Si potrebbe pensare che la tela in esame potesse essere connessa in qualche modo a tale commissione, sebbene la pala d’altare della cappella con il Martirio di san Lorenzo, fosse stata eseguita nel 1622-23 da Innocenzo Tacconi, peraltro in un diverso formato. Tuttavia tale commissione, dovuta al cardinale Marescotti, venne portata a compimento tra il 1681 e il 1688, troppo avanti per la pala dell’Istituto Storico dei Cappuccini.
Anche nelle biografie storiche dell’artista o nelle varie edizioni dello Studio di pittura, scoltura et architettura, nelle chiese di Roma di Filippo Titi non è documentata un’opera di questo soggetto.
Il problema della commissione originaria allo stato attuale, perlomeno per quanto a mia conoscenza, resta quindi irrisolto.
Mi chiedo data la qualità molto alta della composizione e dei singoli dettagli se non ci sia anche in questa occasione ancora una volta la guida del Bernini.
Francesco Petrucci Roma 6 giugno 2021
Ringrazio Padre Yohannes Teklemariam Bache, direttore del Museo Francescano, per la gentile collaborazione e per avermi fornito una fotografia del dipinto.
NOTE
[1] Su Gimignani cfr. N. Pio, Le Vite di pittori scultori et architetti, a cura di C. e R. Enggass, Città del Vaticano 1977, pp. 61-62; L. Pascoli, Vite dei Pittori, Scultori, ed Architetti moderni, Roma 1730-’36, ediz. critica a cura di V. Martinelli, Perugia 1992, Di Lodovico Gimignani, a cura di L. Lanzetta, pp. 737-746; D. Di Domenico Cortese, Profilo di Ludovico Gimignani, in “Commentari”, 4, 1963, pp. 254-266; F. Zeri, Il Baciccia (Giovanni Battista Gaulli): un ritratto e un’attribuzione errata, in “Paragone”, 61, 1955, pp. 54-57; S. Susinno, Ritratti degli accademici, in L’Accademia di San Luca, Roma 1974, p. 210; E. Waterhouse, Roman Baroque Painting, London 1976, pp. 84-85; G. Incisa della Rocchetta, La collezione dei ritratti dell’Accademia di San Luca, Roma 1979, p. 45; U. V. Fischer Pace, Disegni di Ludovico e Giacinto Gimignani nelle collezioni del Gabinetto Nazionale delle Stampe, catalogo mostra, Roma 1979; A. Brejon de Lavergnée, N. Volle, Musée de France/ Répertoire des peintures italiennes du XVIIe siècle, Paris 1988, p. 168; U. V. Fischer Pace, Gimignani, Ludovico, in M. Gregori, E. Schleier E. (a cura di), La Pittura in Italia. Il Seicento, 2 voll., Milano 1988, ediz. 1989, vol. II, pp. 764-765; M.-D. Roche, Le musée Fesch, Ajaccio 1993, p. 141; G. Sestieri, Repertorio della Pittura Romana della fine del Seicento e del Settecento, 3 voll., Torino 1994, vol. I, pp. 88-90, vol. II, figg. 499-515; L. Lanzetta, Gimignani, Ludovico, in Dizionario Biografico degli Italiani, 54, 2000; A. Negro, Ludovico Gimignani, in Les cieux en gloire. Paradis en trompe-l’œil pour la Rome baroque. Bozzetti, modelli, ricordi et memorie, catalogo mostra, Ajaccio 2002, pp. 336-345; F. Petrucci, Bernini pittore. Dal disegno al “maraviglioso composto”, Roma 2006, pp. 237, 272-280; O. Melasecchi, Ludovico Gimignani e gli affreschi della Galleria di Cesare Baldinotti, in Palazzo Baldinotti Carpegna, a cura di M. Bevilacqua, C. De Bella, Roma 2009, pp. 75-91; M. Pitocco, I disegni di Ludovico Gimignani nel Fondo Corsini dell’Istituto Centrale per la Grafica, in Alcune carte di varie maniere, di colori o d’altre fatte, Firenze 2016, pp. 35-47.
[2] L. Pascoli, ediz. 1992, p. 739.
[3] Cfr. L. Russo, Notizie su Guglielmo Cortese e la famiglia Pamphilj, in Innocenzo X Pamphilj. Arte e Potere a Roma nell’Età Barocca, a cura di A. Zuccari, S. Macioce, Roma 1990, p. 194.
[4] Per tali disegni cfr. U. V. Fischer Pace, Disegni di Ludovico e Giacinto Gimignani nelle collezioni del Gabinetto Nazionale delle Stampe, catalogo mostra, Roma 1979.
[5] Cfr. U. V. Fischer Pace, 1979, pp. 73-75; L. Lanzetta, 2000; C. Pierattini, La Cattedrale di San Lorenzo a Tivoli, Tivoli 2008, p. 11.