LE COLLEZIONI CHIGI
La quadreria Chigi, unitamente alle raccolte di sculture, reperti archeologici, disegni e soprattutto strabilianti arredi berniniani, era parte di una delle più significative collezioni private di opere d’arte dell’Età Barocca, formatasi prevalentemente con lasciti del pontefice Alessandro VII (1655-1667), l’eredità di Agostino Chigi rettore dell’Ospedale della Scala a Siena (1563-1639) e soprattutto ad opera del “cardinal nepote” Flavio Chigi (1631-1693), con la consulenza dell’antiquario Niccolò Simonelli e dello stesso Bernini; in parte minore su commissione del principe Agostino (1634-1705) e del cardinale Sigismondo (1649-1678).
Il Posterla nella sua Roma sacra e moderna pubblicata nel 1707, nel descrivere il Palazzo Chigi di Piazza Colonna, ove erano confluite dal palazzo berniniano di piazza Santi Apostoli anche le raccolte del cardinale Flavio morto nel 1693, sottolinea che “nel primo appartamento nobile distinto in più camere al paro, addobbate di paramenti e quadri singolari e di busti antichi di molto prezzo […]
Sono dunque notabili fra li quadri alcune opere insigni del Tiziano, Albani, Domenichino, Bassano, Caracci, Guercino da Cento, Poussin, Guido Reni e d’altri simili professori […] molti paesi di Claudio Lorenese, diverse Istorie di Paolo Veronese, Pietro Perugino, Tintoretto, Pietro da Cortona, Carlo Maratti, Giacinto Brandi e Salvator Rosa”.
Con la vendita allo stato nel 1918 di un importante gruppo di tele, sculture e mobili, assieme al Palazzo Chigi di piazza Colonna, molti dipinti sono passati alla Galleria Nazionale d’Arte Antica di Roma ed in parte sono finiti in deposito; altri sono emigrati presso ambasciate e pubbliche istituzioni, nonostante gli accordi li vincolassero alla sede originaria.
Il resto della quadreria era stato diviso nel 1917 tra Ludovico, Francesco ed Eleonora Chigi, con successive parziali dispersioni sul mercato antiquario, mentre un nucleo significativo è stato acquisito dal Comune di Ariccia nel 1988 con Palazzo Chigi in Ariccia.
LA QUADRERIA
La collezione di dipinti conservata nel palazzo ducale di Ariccia, è costituita da opere di numerosi fra i massimi artisti attivi a Roma nella seconda metà del Seicento.
Sono presenti alcuni cicli di fondamentale importanza per la pittura dell’epoca, come Le Quattro stagioni eseguite da Mario de’ Fiori in collaborazione con Carlo Maratta, Bernardino Mei, Giacinto Brandi e Filippo Lauri, le Allegorie dei Sensi di Pierfrancesco Mola, gli Angeli con i simboli della Passione, cartoni preparatori per i mosaici della cupola di San Pietro, del Cavalier d’Arpino, i Feudi Chigi con cani levrieri di Michelangelo Pace detto “il Campidoglio”, i “finti arazzi” con Scene della Gerusalemme Liberata commissionati dal cardinale Ottoboni a Domenico Paradisi, Michelangelo Ricciolini e Francesco Borgognone per il palazzo della Cancelleria, la serie di Vedute di città con Feste di Jan van Eck e Joseph Heinz il Giovane, i “finti arazzi” con Le Stagioni dipinti da Girolamo Troppa con Giovan Battista Magni “il Modanino”, la Galleria delle belle con ritratti di principesse romane di Jacob Ferdinand Voet e la Galleria delle monache Chigi.
La grande committenza Chigi è documentata da capolavori quali il Pindaro e Pan di Salvator Rosa, Il Beato Giovanni Chigi in penitenza di Giovan Battista Gaulli detto “il Baciccio”, La Marina con Sant’Agostino di Jean de Momper e Alessandro Mattia da Farnese, la Veduta di Nettuno da Porto d’Anzio di Pandolfo Reschi. Sono presenti inoltre dipinti di Guglielmo Cortese “il Borgognone”, Jean de Momper, Gilles du Mont, il Tempestino, Francesco Vanni, Raffaello Vanni, etc.
Il palazzo fornisce un contributo fondamentale alla conoscenza della ritrattistica romana nell’età barocca, con opere dei massimi specialisti attivi nella seconda metà del secolo, tra cui Baciccio, Jacob Ferdinand Voet e Giovanni Maria Morandi. Si affiancano ritratti eseguiti da Carlo Cesi, Francesco Trevisani ed altri, mentre la ritrattistica del Settecento è rappresentata da opere di Giovanni Odazzi, Pierre Subleyras, Domenico Duprà, Davide Loreti, Ludwig Guttembrunn, Pieter Kobler, Pietro Labruzzi.
LE DECORAZIONI PITTORICHE
L’opera più emblematica del palazzo è sicuramente la celebre sanguigna del Bernini raffigurante San Giuseppe e il Bambino, eseguita per la cappella nel 1663, come riporta l’iscrizione; essa costituisce una sua rara opera pittorica muraria e la sua sola firmata.
Si affianca, nella medesima cappella, la pala raffigurante San Francesco di Sales e San Tommaso da Villanova ai piedi dell’Immacolata, dipinta a guazzo da Raffaello Vanni sulla parete dell’altare.
L’appartamento al piano terra fu dimora del cardinale Flavio, che commissionò la decorazione delle volte con rappresentazioni di volatili e segni zodiacali, attribuita a Pietro Mulier detto “il Tempesta” in collaborazione con Momper: un’allusione al mondo agreste ed alla caccia, tra i passatempi preferiti dal porporato.
Nella seconda metà del Settecento il principe Sigismondo fece decorare l’appartamento neoclassico al piano nobile da Giuseppe Cades, Nicola Lapiccola, Felice Giani, Giovanni Campovecchio e Liborio Coccetti. Un ciclo pittorico straordinario, in gran parte ispirato all’Orlando Furioso dell’Ariosto, anticipatore di motivi della pittura romantica e costituente una delle maggiori attrattive del palazzo.
Alla metà dell’Ottocento risale la decorazione illusionistica della Sala da Pranzo d’Estate, dipinta da Annibale Angelini con un pergolato fiorito, uccelli e animali, in occasione delle nozze tra Mario Chigi e Antonietta Sayn Wittgenstein celebrato nel 1857. Lo stesso artista decorò anche un piccolo bagno nell’appartamento al piano terra, sempre con pergola di fiori e uccellini, recante gli stemmi delle due casate.
LE SCULTURE
Il nucleo di ritratti del XVII secolo è dominato da un vero capolavoro, la terracotta con il Busto di Alessandro VII eseguita da Melchiorre Cafà, modello per i bronzi del Metropolitan Museum di New York e del Duomo di Siena.
Sempre al Cafà, il più dotato e sfortunato scultore del Seicento romano per la prematura scomparsa, appartiene la notevole terracotta con Sant’Andrea Avellino, modello per la statua sulla facciata di Sant’Andrea della Valle (donazione Martinelli). Di Ercole Ferrata si conserva un’applicazione in rame dorato della carrozza disegnata da Bernini per il cardinale Flavio I.
Sono presenti busti in marmo dei Chigi eseguiti da altri scultori del XVII secolo, quali Giuseppe Mazzuoli e Bernardo Fioriti, oltre ad una serie di busti di imperatori romani di Orfeo Boselli.
Sono esposti inoltre ritratti dei Chigi del XIX e XX secolo, gessi con riproduzioni di sculture antiche di età neoclassica.
I PARATI IN CUOIO
Una delle maggiori ricchezze e specificità del palazzo è costituita dai rarissimi parati in cuoio stampato del XVII secolo, detti tradizionalmente “di Cordova”, che ancora rivestono le pareti di molti ambienti, facendo della dimora chigiana un caso unico in tale genere a livello europeo. Numerosi sono i parati frammentati ed incompleti che vanno a costituire un vero e proprio “museo del cuoio”, compresa la miracolosa conservazione anche di matrici in legno per la stampa.
Alcuni parati sono impressi a sbalzo, secondo una tecnica di origine olandese, altri stampati a freddo con tecnica xilografica, ma tutti sono di manifattura romana. Spiccano gli esemplari di stretta matrice berniniana della Cappella e della Sala da Pranzo d’Estate, ma soprattutto quelli della Camera Rossa e dell’Anticamera.
La moda del cuoio decorato fu introdotta in Spagna dagli arabi nel XIV secolo e dagli spagnoli diffusa in tutta Europa, particolarmente dal Rinascimento. I parati erano realizzati con pelli di montone conciate, ricoperte con foglia d’argento, decorate a stampo, dipinte con lacche (a mecca per l’oro) ed infine punzonate per articolare maggiormente il disegno.
Così decorate erano cucite assieme ed utilizzate sia come tappezzeria che per realizzare paliotti, portiere, coperte, cuscini, etc. In Italia già dai primi del ‘500 si era sviluppata una produzione locale, ampiamente diffusa nel Seicento e decaduta nel corso del secolo successivo, sostituita dalle stoffe e poi dalle carte. Quasi tutte le ville della campagna romana e di Roma avevano parati in cuoio, oggi scomparsi quasi ovunque (c’è una sala a Villa Aldobrandini a Frascati ed una a Palazzo Borghese a Roma).
MOBILI E ARREDI
La collezione vanta la presenza di mobili e arredi di primaria importanza nell’ambito delle arti decorative barocche, che formano, con i preziosi parati in cuoio, stoffa e carta, un riferimento imprescindibile per la conoscenza della cultura del ‘600 romano.
Di eccezionale interesse i due tavoli da muro con cornucopie e tralci vegetali, intagliati da Antonio Chiari su disegno del Bernini (1663), riferimento basilare per il gusto naturalistico introdotto dal grande artefice nell’arredamento.
Furono progettate da Carlo Fontana le due credenze per la Farmacia e il Guardaroba, intagliate da Chicari assieme a numerose panche e mobili ancora in situ. Notevoli alcune cornici di impronta berniniana riferibili sempre al Chicari.
È conservato un armadio del XVII secolo appartenuto a S. Filippo Neri, donato ad Alessandro VII dalla famiglia Crescenzi.
Varie sono i tavoli da muro del Settecento, tra cui un nucleo realizzato nel 1740 utilizzando per i piani i marmi di breccia provenienti dalla villa dell’imperatore Vitellio ad Ariccia.
Sono intatti gli arredi seicenteschi della cappella, del cucinone e molti oggetti d’uso, fino al XIX secolo. Tutti i camini presentano lastre in ghisa di tre diversi modelli fuse ad Amsterdam con lo stemma Chigi della Rovere, il cui disegno è attribuito a Giovanni Paolo Schor. Sono ideati da Bernini medaglioni in bronzo e la lampada con angeli, replica del modello conservato nella cappella Chigi a Santa Maria del Popolo.
Anche in questo settore il palazzo, come uno scrigno miracoloso, ha conservato oggetti di notevole interesse storico: dalle reliquie del XVII e XVIII sec. appartenenti alle numerose cappelle Chigi oggi dimesse, alle chiavi del Vaticano relative a vari conclavi, comprese la papalina e la zuppiera di Pio IX, etc.
Straordinarie le tolette da viaggio, perfettamente conservate in tutti gli accessori (pettini, spazzole, specchi, etc.), appartenute a Maria Virginia Borghese e al cardinale Flavio I.
STAMPE, DISEGNI E ACQUERELLI
Il palazzo conserva una collezione di incisioni dal XVII al XIX secolo, in parte dedicate alla famiglia Chigi, tra ritratti e proprietà, comprese alcune importanti piante storiche di Roma.
Un nucleo omogeno di disegni, acquarelli, incisioni, fotografie d’epoca e documenti (XIX secolo), proviene dall’eredità di Leonilla Bariatinsky, madre di Antonietta Sayn Wittgenstein sposa di Mario Chigi. Oltre a ritratti di artisti russi, come Piotr Fiodorovitch Sokolov, Jan Ksawery Kaniewski ed altri, di notevole interesse è la preziosa collezione di “vedute d’interni” che illustra castelli e dimore Sayn Wittgenstein in Lituania, Germania, Francia, Russia, firmate da specialisti come Vassili Semenovitch Sadovnikov, Fernand Pelez de Cordova ed altri.
Notevole è anche la raccolta di materiale fotografico, tra XIX e XX secolo, con album e foto sciolte, che documentano la storia recente della famiglia e delle sue relazioni con la grande nobiltà europea.
COSTUMI E STOFFE
Una parte delle collezioni è costituita da stoffe ed abiti dal XVII al XX secolo, costituenti il “guardaroba dell’Ariccia”. Sono presenti vari rasi, damaschi e paliotti d’altare del XVII secolo con i simboli Chigi-Borghese, alcuni di matrice berniniana.
Oltre alle livree della servitù (XVIII secolo), sono conservati abiti appartenuti ad esponenti della famiglia tra XVIII e XX secolo, come le vesti cardinalizie di Flavio III Chigi, costumi carnevalizi da bambini, le vesti del Gran Maestro del Sovrano Militare Ordine di Malta (Ludovico Chigi), abiti femminili di famosi atelier romani risalenti agli anni ‘50 del secolo scorso (sartorie Carosa, Sorelle Fontana).